Il ‘doppio attacco’ alla Sla è stato sferrato dall’Irccs Istituto Auxologico Italiano e dal Centro “Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano. Nel primo lavoro, il gene NEK1 è stato confermato nel ruolo patogenetico delle forme familiari. Il secondo ha invece prodotto la prima significativa evidenza di una associazione genetica della SLA sporadica con il cromosoma 17 ed il gene SARM1.
Con due lavori pubblicati sulla rivista Nature Genetics, la scienza italiana riafferma il proprio ruolo trainante nella lotta contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Il doppio attacco è stato sferrato alla SLA familiare e alla SLA sporadica dall’IRCCS Istituto Auxologico Italiano – Dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti – e dal Centro “Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano, oggi in prima linea in questo importante successo di rilievo internazionale.
Non possiamo ancora dire che la SLA ha i minuti contati, ma di certo la ricerca italiana si sta impegnando da anni per venirne a capo, sia in senso diagnostico che terapeutico. Al mosaico si aggiungono oggi due importanti tasselli che a buona ragione possono essere considerati storici, per vastità, importanza della ricerca e della rivista che proprio oggi ne diffonde i risultati. Un traguardo, questo, che potrà segnare la storia recente e futura nella ricerca e nella cura della patologia.
Nel primo lavoro, il gene NEK1 è stato confermato nel ruolo patogenetico delle forme familiari: già riportato in precedenza come potenzialmente implicato, viene ora definito come causale mediante applicazione di una speciale tecnologia (exome-wide rare variant burden analysis) che permette di identificare la significatività di geni associati alla SLA mediante utilizzo di esomi non provenienti dallo stesso albero familiare. Infatti, nel caso della SLA, malattia neurodegenerativa che colpisce in età adulta, la dimostrazione della segregazione di un gene nella famiglia è difficile per la scomparsa dei genitori già avvenuta nella maggioranza dei casi. Utilizzando 1.022 casi familiari a gene non identificato e 7.315 controlli sani, è stato appunto identificato il gene NEK1 quale significativamente associato alla patologia.
Il contributo dei ricercatori dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano è determinante con co-autori in prima ed ultima posizione firmatari delle pubblicazioni scientifiche (dott. Nicola Ticozzi e prof. Vincenzo Silani, rispettivamente). Si associa un vasto gruppo di collaboratori: dott.ri Antonia Ratti, Claudia Colombrita, Cinzia Tiloca, Daniela Calini, Federico Verde e tutto il Consorzio SLAGEN, a dimostrazione del largo contributo sinergico della scienza italiana.
Una conferma ulteriore è derivata dall’analisi di una popolazione indipendente olandese affetta da SLA, con dimostrazione della significatività di NEK1: il gene risulta responsabile del 3% dei casi di SLA con interessamento anche delle forme sporadiche. Lo studio genetico è stato associato a una elegante dimostrazione causale del ruolo disfunzionale della proteina mutata in diversi modelli cellulari: l’apparato citoscheletrico compreso il cilio appaiono di nuovo disfunzionali con interessamento del metabolismo mitocondriale, aprendo così nuove vie interpretative patogenetiche.
“Un lavoro molto elegante, che raggiunge un impatto clinico di rilievo e una pulizia sperimentale dimostrativa di alterata funzione che hanno di conseguenza meritato la prestigiosa pubblicazione – commenta Vincenzo Silani – Ancora più importante il contributo coeso della scienza italiana anche per il supporto di AriSLA con i progetti EXOMEFALS 2009 e NOVALS 2012”..
Di vasto impatto anche il secondo lavoro di Nature Genetics, questa volta riguardante la SLA sporadica. Infatti, dal 2005 il Prof. Vincenzo Silani e il suo gruppo, con il Consorzio SLAGEN, hanno avviato un vasto studio di GWA (genome-wide association) con la Dott.ssa Isabella Fogh, che ha prodotto la prima significativa evidenza di una associazione genetica della SLA sporadica con il cromosoma 17 ed il gene SARM1 (Fogh et al., Hum Mol Genet 2014). Lo studio ora apparso su Nature Genetics rappresenta un rafforzamento del precedente GWA con metanalisi di 15.156 casi contro 26.242 controlli: oltre al gene SARM1, confermato quindi nella sua associazione alla malattia, altri loci sono stati identificati: C21orf2 sul cromosoma 21, MOBP sul cromosoma 3 e SCFD1 sul cromosoma 14. Polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) del gene MOBP sono stati associati alla Paralisi Sopranucleare Progressiva (PSP) ed alla Demenza Frontotemporale, a sottolineare quindi le vie comuni della neurodegenerazione.
“Il lavoro assume un particolare significato perché rappresenta il primo prodotto del progetto mondiale MINE a cui anche l’Italia aderisce, volto al sequenziamento completo del genoma di pazienti affetti da SLA sporadica – testimonia Vincenzo Silani – Il lavoro di Nature Genetics trova quindi il mondo scientifico allineato in un preliminare sforzo di identificazione delle cause della SLA sporadica”.
“Abbiamo così raccolto un’importante conferma del nostro operato – prosegue Vincenzo Silani – che con il team di ricercatori dell’ IRCCS Istituto Auxologico Italiano ed in primis la dott.ssa Isabella Fogh, il dott. Nicola Ticozzi e la dott.ssa Antonia Ratti con la dott. Cinzia Tiloca, ha riportato la primitiva identificazione del gene SARM1 quale potenzialmente causale della SLA sporadica. Conferma elegante di un lavoro iniziato tanti anni prima in Italia e ora arricchito con altre regioni cromosomiche imputabili nello scatenare la SLA”.
I due lavori scientifici testimoniano la lotta senza quartiere in atto per sconfiggere la SLA e l’attacco contemporaneo alle forme familiari e sporadiche della malattia conferma il vasto impegno volto a definire le cause della malattia onde avviare velocemente le terapie più adeguate.
Il successo della ricerca in Italia si avvale di una larga collaborazione internazionale ma anche delle Istituzioni italiane, quali il Ministero della Salute italiano, e l’apporto puntuale di AriSLA con i progetti EXOMEFALS 2009 e NOVALS 2012.
“Questo nuovo importante risultato raggiunto per la ricerca scientifica sulla SLA conferma l’eccellenza del lavoro dei ricercatori italiani: un prezioso operato che la nostra Fondazione è impegnata a sostenere quotidianamente, con l’obiettivo di individuare al più presto una terapia per questa malattia – commenta Giulio Pompilio, direttore scientifico di AriSLA – Certamente queste ultime scoperte contribuiscono a compiere un ulteriore passo in avanti in tale direzione aprendo nuove prospettive in termini terapeutici”.
Vincenzo Silani dirige dal 2002 la sede distaccata del Centro “Dino Ferrari” per le Malattie Neurodegenerative e Neuromuscolari dell’Università degli Studi di Milano locata presso l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Milano, prestigiosa istituzione dedicata alla ricerca, che tanto ha contribuito negli ultimi anni al raggiungimento di ambizioni traguardi scientifici quale l’attuale, con la definizione di cause patogenetiche di malattie neurodegenerative come la SLA.
26 luglio 2016